mercoledì 24 aprile 2019

La "Pastiera Napoletana"...non solo per Pasqua


Se cercate sul web la ricetta della "pastiera napoletana" ne troverete una marea, da quelle dei pasticcieri più famosi, campani e non, a quelle casalinghe di tanti appassionati di questo dolce che vantano l'unicità della loro ricetta personalizzata o tramandata in famiglia.
Personalmente il mio ricordo legato alla pastiera è quello di una gita scolastica a Napoli che andò in maniera catostrofica (tutto il giorno bloccati sul molo Beverello col pullman in panne), ma la pastiera che acquistai in una pasticceria della galleria Umberto fu amore al primo morso.
Anche se i dolci lievitati la fanno da padroni per me la Pasqua è la "Pastiera Napoletana", e proprio il lunedì prima di Pasqua si è svolta a Napoli presso l'Hotel Palazzo Caracciolo MGallery by Sofitel la prima edizione de "Sua maestà la pastiera", un evento durante il quale i migliori pasticcieri campani hanno proposto ricette tradizionali ed innovative per celebrare questo dolce che rappresenta la cultura partenopea.
La leggenda narra che la pastiera fu creata dagli dei con i prodotti che la popolazione di Neapolis offrì alla sirena Partenope che dall'isolotto di Megaride (dove sorge Castel dell'Ovo) allietava tutti con il suo canto melodioso.
Per queste feste ho quindi voluto preparare anch'io "sua maestà la pastiera" e visto che in famiglia non hanno mai gradito i canditi che invece in questo dolce sono un ingrediente indispensabile ho provato il metodo suggerito dal pasticciere del Gran Caffè Gambrinus e cioè di frullarli. 
In realtà ho unito due ricette eccellenti: quella di Alfonso Pepe e quella del Gran Caffè Gambrinus viste in tv rispettivamente a "Geo & Geo" ed a "Detto Fatto" la settimana scorsa.



Ingredienti: (per una teglia da pastiera di 24 cm di diametro)


Per la frolla

  • 250 gr di farina 00
  • 100 gr di zucchero semolato
  • 100 gr di burro
  • 1 uovo intero
  • i semi di mezza bacca di vaniglia

Per il ripieno
  • 250 gr di ricotta di pecora ben sgocciolata
  • 250 gr di zucchero semolato
  • 250 gr di grano cotto
  • 1 noce di burro
  • 60 ml di latte
  • 2 uova intere ed 1 tuorlo
  • 1 cucchiaio di miele
  • 50 gr di arancia candita
  • 1 cucchiaino di acqua di fiori d'arancio
  • scorza grattugiata di limone ed arancio
  • i semi di mezza bacca di vaniglia

Iniziate a preparare la frolla disponendo la farina a fontana, al centro amalgamate lo zucchero con il burro morbido e  semi di vaniglia, quindi vi aggiungete l'uovo intero e per ultima incorporate la farina.Lavorate brevemente l'impasto, lo avvolgete nella pellicola e lo fate riposare in frigorifero per almeno mezz'ora.

Nel frattempo preparate il ripieno.
Con un frullatore ad immersione frullate metà del grano cotto ed i canditi con un goccio di latte, unite il tutto al restante grano cotto ed alla noce di burro, fate cuocere sul fuoco per qualche minuto e poi lasciate raffreddare. 
In una ciotola lavorate la ricotta con lo zucchero ed il cucchiaio di miele, unite il grano cotto con i canditi frullati ormai freddi quindi le uova intere ed il tuorlo che avrete prima battuto leggermente con l'acqua di fori d'arancio ed i semi di vaniglia. 
Per ultima aggiungete la scorza grattugiata di arancia e limone ed il restante latte affinché si ottenga un composto piuttosto fluido.
Stendete la frolla ad uno spessore di circa 3-4 mm e rivestite completamente la teglia imburrata ed infarinata lasciando da parte un po' di frolla per ricavare sei strisce di pasta.
Bucherellate con i rebbi di una forchetta il fondo della frolla, versate il ripieno, decorate con le strisce di pasta e fate cuocere in forno preriscaldato a 180°C per 1 ora.



Nelle due ricette che ho unito non era prevista la cannella che invece in molte altre è indicata. Se la amate come me versatene una
punta nell'impasto.
Potete conservare per una settimana la pastiera fuori dal frigorifero in luogo fresco. 
La Pasqua è passata ma la pastiera ci accompagna tutto l'anno, quindi provatela, magari per il prossimo 1° maggio.
Alla prossima! =^-^=    

domenica 17 marzo 2019

Gur cake di Dublino per San Patrizio


Oggi 17 Marzo si festeggia San Patrizio, patrono d'Irlanda, e per questa giornata ho voluto preparare una torta molto semplice e di umili origini ma che rispetta l'abitudine del recupero.
La Gur cake, conosciuta anche come Chester cake, agli inizi del secolo scorso deve il suo nome ai ragazzi delle classi sociali più povere che "marinavano la scuola" (detto "on the gur") conosciuti come gurriers, ed il dolce più economico che potevano permettersi bighellonando per le vie della città era proprio una fetta di gur cake, confezionata con gli avanzi di pane e di altri dolci. Più spesso alla fine della giornata i panettieri permettevano ai gurriers di raccogliere le fette di pane raffermo e di torta caduti sul pavimento, loro li portavano a casa dove venivano trasformati in una gur cake. 
Il ripieno allora era composto di avanzi di pane, di altri dolci ormai non più fragranti, zucchero, latte, tè, spezie, frutta secca, ora si possono aggiungere anche cacao, cioccolato, mele, uova, succo d'arancia, praticamente tutto quello che si ha a disposizione.
A Dublino la Gur cake è considerata un simbolo della classe operaia e viene venduta nelle panetterie in quadrotti da 8 cm di lato per 3 cm di spessore.
Lo scrittore irlandese Éamonn MacThomáis, nel suo libro "Gur cake and Coal Blocks" del 1976 così descrive il suo ricordo della Gur cake:
"Quando siamo usciti dal negozio ci siamo immersi nella Gur Cake. Era semplicemente stupenda, bollente, con la pasta ricoperta di zucchero e il succo che trasudava dai grossi ribes e dall'altra materia soffice e marrone. Potemmo sentire il nostro ventre riscaldarsi ".



Ingredienti: (per una teglia da 19 cm x 27 cm)

Per la pasta (shortcrust pastry)
  • 260 gr di farina (io ho usato la 0)
  • 113 gr di burro (o margarina) molto freddo
  • 1 pizzico di sale 
  • 1 cucchiaio di zucchero semolato
  • 120 ml di acqua ghiacciata

Per il ripieno
  • 80 gr di pane raffermo a cubetti 
  • 420 gr di avanzi di dolci
  • 50 gr di uvetta rinvenuta in acqua tiepida
  • 50 gr di mandorle a pezzetti 
  • 300 ml di latte caldo
  • 100 ml di succo d'arancia
  • 6 cucchiai di cacao amaro
  • 100 gr di cioccolato fondente a pezzetti
  • 1 cucchiaio di zucchero di canna muscovado
  • 4 cucchiai di zucchero semolato
  • 1 cucchiaino di cannella in polvere
  • 1/4 di cucchiaino di noce moscata grattugiata
  • scorza grattugiata di 1 limone non trattato
  • i semi di mezza bacca di vaniglia (o 1 bustina di vanillina)
  • 1 uovo medio leggermente battuto

Tagliate a cubetti il pane raffermo privato della crosta e tutti gli altri avanzi di dolce, metteteli in una terrina e bagnateli con il latte caldo fino a che non si siano completamente ammorbiditi. 
Aggiungete quindi il succo d'arancia, l'uovo leggermente battuto e tutti gli altri ingredienti fino a che il ripieno non sia ben amalgamato.
Se l'impasto vi dovesse sembrare poco dolce ( questo dipende dal tipo di dolci usati e dalla quantità di pane raffermo) regolatevi secondo i vostri gusti ed aggiungetene altro.
Io ho aggiunto anche 1 cucchiaio di liquore all'anice che adoro!


Per la pasta mettete la farina, lo zucchero, il sale ed il burro freddo tagliato a cubetti nel mixer. Azionatelo fino a che non otterrete un impasto granuloso, aggiungete l'acqua ghiacciata ed otterrete una palla che si staccherà dalle pareti del mixer.
Il freddo del burro e dell'acqua faranno sì che la pasta risulti croccante! 

Dividetela in due parti e riponetela in frigorifero avvolta nella pellicola per almeno mezz'ora.


Riprendete la pasta (a me ne sono avanzati 150 gr che ho congelato), stendetela a circa 2-3 mm su un ripiano infarinato e ricavate un primo strato che porrete sul fondo dello stampo bucherellandolo.
Versatevi il ripieno compattandolo per bene, ricoprite con un altro strato di pasta, bucherellate anche questo con i rebbi di una forchetta, cospargetene la superficie con zucchero semolato e fate cuocere in forno preriscaldato a 160°C per 90 minuti. 


Fate raffreddare la torta, volendo cospargete appena di zucchero a velo, quindi ricavatene dei quadrati da 8 cm con un coltello seghettato da pane.

Vi assicuro che è deliziosa, il contrasto tra il croccante della pasta ed il morbido del ripieno dai sapori fantastici (più lo arricchirete più sarà gustoso) è veramente piacevole. 
Se volete dare fondo a tutti gli avanzi di pane e dolci che avete in dispensa fatelo, vi piacerà sicuramente! 
Alla prossima! =^-^=

lunedì 11 febbraio 2019

Schneeballen - le palle di neve di Rothenburg ob der Tauber



Questi dolcetti si trovano spesso nei mercatini di Natale della Baviera, ma sono originari di Rothenburg ob der Tauber in Franconia (nord-ovest della Baviera), splendida cittadina medievale tappa importante della suggestiva Romantische Straße che collega Füssen con Würzburg.
Chiamati anche "nidi di cicogna", venivano preparati da oltre 300 anni per occasioni particolari come matrimoni o feste locali ed inizialmente erano ricoperti di zucchero a velo, ricordando proprio delle palle di neve.
Ora invece sono prodotti tutto l'anno anche ricoperte di cioccolato guarnito con frutta secca o confettini.

Per friggere le schneeballen in Germania vendono un ferro apposito e per romperle prima di mangiarle usano dei martelli di legno.
In mancanza del ferro originale mi sono adattata con un filtro per il tè leggermente più piccolo, visto che le schneeballen in genere hanno un diametro che va dagli 8 ai 10 cm, tuttavia anche le mie di 5 cm sono già piuttosto grandi.





L'impasto di questi dolcetti ricorda molto le nostre frappe ed ho voluto prepararli in questo periodo proprio per variare un po' le delizie carnevalesche.

Ingredienti:


  • 300 gr di farina 00
  • 1 cucchiaio di zucchero a velo
  • 8 gr di lievito per dolci 
  • la scorza grattugiata di mezzo limone non trattato
  • 2 cucchiai di liquore all'anice
  • 50 gr di burro morbido
  • 125 gr di panna acida 
  • 1 uovo medio
  • un pizzico di sale

Per la glassatura
  • zucchero a velo
  • cioccolato al latte, fondente e bianco
  • nocciole e pistacchi tritati grossolanamente
  • cocco disidratato

Unite tutti gli ingredienti e lavorare l'impasto fino ad averlo liscio ed omogeneo. 



Dividetelo in porzioni da circa 30 gr, con il mattarello stendete ogni porzione fino a renderla piuttosto sottile.

Con una rondella dentellata tagliapasta incidete delle strisce di circa 1 cm sulla sfoglia lasciando intera tutta la circonferenza.


Con il manico di un cucchiaio d legno sollevate alternativamente le strisce e fate ricadere la sfoglia sul piano formando una matassa che metterete nel filtro per il tè e farete friggere in un contenitore dove il filtro rimanga ben immerso nell'olio di semi di arachidi a temperatura media affinché non si bruci esternamente lasciando crudo l'interno. Con circa 4 minuti la palla di neve dovrebbe essere cotta.




Estraetela dal filtro e fatela scolare su carta assorbente.

Potrete guarnirla con abbondante zucchero a velo, oppure rotolarla nello zucchero semolato misto a cannella, o ricoprirla di cioccolato fuso secondo il vostro gusto e cospargerla di frutta secca a 
piacimento. 




Nei siti tedeschi assicurano che rimangano fragranti per diverse settimane, ma io preferisco gustarle il prima possibile. 

E' un modo diverso di gustare un dolcetto che ricorda le frappe, magari in una veste decorata e golosa che sicuramente farà contenti anche i bambini. 
Alla prossima!  =^-^=


lunedì 4 febbraio 2019

Torta "tipo Barozzi", il gioiello di Vignola


Se amate il cioccolato e non potete fare a meno di una fumante tazza di caffè questa è la torta giusta per voi.
E' un'eccellenza della pasticceria di Vignola, in provincia di Modena, anche se è entrata a far parte della tradizione del luogo da un tempo relativamente  breve.
Questa torta è nata nel 1886 dall'estro di Eugenio Gollini, dell'omonima pasticceria Gollini ancora in attività, che prima la chiamò semplicemente "torta nera", poi "pasta Barozzi" e dal 1907 "torta Barozzi" in occasione del quattrocentesimo dalla nascita dell'architetto Jacopo Barozzi detto "il Vignola".
La ricetta originale è custodita ancora gelosamente dagli eredi di Gollini che continuano la produzione di questo dolce.
Tuttavia, come per tutti i dolci entrati a far parte della tradizione, in tutta la provincia di Modena ogni famiglia ha la propria ricetta per tentare di riprodurre il dolce, come anche altre pasticcerie la producono con il nome di "tipo Barozzi" per rispettare il marchio depositato da Gollini.
Come gli stessi Gollini affermano il segreto non riguarda gli ingredienti, ma la loro proporzione ed il metodo di lavorazione. 
Quindi dopo aver letto tantissime ricette della torta ho tratto quella che dovrebbe essere la più utilizzata, se sarà come l'originale potrò saperlo solo dopo aver assaggiato quella della Pasticceria Gollini, di certo è squisita.



Ingredienti: (per circa 8 persone)

  • 250 gr di cioccolato fondente 
  • 80 gr di burro
  • 100 gr di mandorle spellate
  • 50 gr di arachidi (non salate)
  • 150 gr di zucchero semolato
  • 4 uova 
  • 1 tazzina di caffè espresso
Per prima cosa tostate per qualche minuto nel forno le arachidi e le mandorle ed una volta fredde passatele nel mixer fino a ridurle in polvere.

Fate quindi fondere a bagnomaria o nel microonde il burro insieme al cioccolato fondente unendovi alla fine anche la tazzina di caffè espresso.

Montate ora con le fruste elettriche i tuorli con lo zucchero fino a che non saranno gonfi e spumosi da scrivere.

Allo stesso modo montate a neve ferma gli albumi.

Quando il cioccolato ed il burro fusi con il caffè si sono stiepiditi uniteli al composto di tuorli e zucchero, aggiungete quindi le arachidi e le mandorle ridotte in farina e per ultimi, dall'alto verso il basso, gli albumi montati a neve.

Versate in una teglia quadrata di circa 22 cm per lato foderata di carta alluminio e fate cuocere in forno preriscaldato a 170°C per 30-35 minuti. Dovrà risultare alta circa 3 cm. La superficie dovrà presentarsi asciutta e rugosa mentre inserendo all'interno uno stecchino ne dovrà uscire leggermente umido. 


Una volta fuori dal forno, dopo averla fatta raffreddare, capovolgetela su altra carta di alluminio in cui la conserverete fino al momento di tagliarla con un coltello a seghetto con tutta la carta perché non si sbricioli. Dovrete ricavarne dei quadratini della dimensione che preferite, ma vi consiglio di farli piccoli e magari mangiarne più di uno.


Potete accompagnarla con della panna montata o come suggerisce il grande chef Massimo Bottura bagnando ogni quadratino con delle gocce di aceto balsamico di Modena.

Potete conservarla diversi giorni avvolta nella stessa carta di alluminio.

Alla prossima!  =^-^=


venerdì 4 gennaio 2019

Rosolio di Portogallo di Pellegrino Artusi per il Menù lib(e)ro


Eccoci giunti al 18° ed ultimo appuntamento del nostro menù ideale creato seguendo ricette tratte da libri, sia appena acquistati oppure un po' dimenticati sugli scaffali ... e chissà quale altro viaggio gastronomico si inventeranno le nostre amiche Eloisa e Marta!
Questa volta a guidare la brigata è Brii del blog "briggishome".



Concluderemo questa nostra ricerca con i liquori ed i digestivi ed io mi sono nuovamente affidata al libro di Pellegrino Artusi "La Scienza in cucina e l'Arte di mangiar bene" che fu pubblicata nel 1897, Salani Editore di Firenze.



La scelta è caduta sul "Rosolio di Portogallo" ma confesso di non sapere che in Campania l'arancia fosse chiamata Portogallo e a quanto ho letto sembra che derivi dalla parola greca "portokalòs" che significa appunto arancia.
Ogni volta che ho letto questa ricetta nel libro dell'Artusi mi sono tornati alla mente i racconti di mia madre. Quando i miei nonni con tutta la famiglia vivevano ancora a Palermo, mia nonna aveva l'abitudine di preparare il rosolio ed i liquori più alcolici con i meravigliosi agrumi della loro Sicilia. Non a caso fin dal Cinquecento in Sicilia era consuetudine preparare in casa il rosolio per offrirlo agli ospiti.  Benché sia più diffuso nel sud del nostro paese sono noti anche quello prodotto in Piemonte (che ha ottenuto il riconoscimento di prodotto agroalimentare tradizionale) ed in provincia di Bologna (San Giovanni in Persiceto).
Si può realizzare con petali di rosa, agrumi, caffè, gelso, visciole, fichi d'india, fragoline, erbe aromatiche o spezie.
La parola "rosolio" ha origine dal tardo latino "ros solis", ovvero rugiada del sole, quasi sicuramente per le sfumature che può avere questa soluzione liquorosa. 
Moderatamente alcolico e dolce il rosolio è stato da sempre preferito dalle signore ma dalla metà del secolo scorso è stato pian pano soppiantato da liquori più alcolici. Ultimamente però un italiano trapiantato nel Regno Unito sta riscuotendo un notevole successo con un rosolio di bergamotto prodotto con questo agrume proveniente dalla Costiera Amalfitana. 



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Ingredienti:

  • 650 gr di zucchero finissimo
  • 360 gr di acqua
  • 250 gr di alcool a 36°   (composto da 91 gr di alcool a 96° e                            159 gr di acqua)
  • una piccola presa di zafferano
  • 1 arancia non trattata
Dopo aver lavato bene l'arancia, rigorosamente non trattata, prelevatene la buccia con un pela patate cercando di evitare l'albedo (la parte bianca).
Ponete la buccia in un contenitore di vetro piuttosto capiente e copritela con l'alcool a 36°, coprite il contenitore con una garza e lasciatela in infusione per tre giorni affinché le scorze d'arancia rilascino tutte le loro essenze.
Trascorsi i tre giorni versate nell'acqua lo zucchero e mescolate fino a che sia perfettamente disciolto.
Versate quindi lo sciroppo ottenuto nel contenitore dove sono state in infusione le bucce con l'alcool e lasciate riposare l'infusione altri otto giorni al buio. 
Trascorsi gli otto giorni versate il rosolio nelle bottiglie filtrandolo attraverso una garza.


Io ho seguito esattamente la ricetta, ma se a voi la quantità di zucchero sembra troppa potete diminuirla un po'. 
Alla prossima avventura gastronomica! =^-^=