giovedì 30 ottobre 2014

Chapati o Roti, il pane indiano per iniziare la nostra avventura in India.


Parlare dell'India per me significa far riaffiorare ricordi che risalgono a ben 34 anni fa, quando giovanissima ho avuto la fortuna di visitare questo splendido paese e cercherò di raccontarvi quello che il tempo non è riuscito a cancellare.
Il primo impatto che hai scendendo dall'aereo a New Delhi è quello di un'aria caldissima pervasa da un misto di profumi che non riesci a decifrare, ma basta fare due passi in città per capire.
Accovacciate sui marciapiedi donne stupende ed eleganti nel loro sari fanno collane di fiori, fiori profumatissimi come il gelsomino, accanto venditori di semi e di frutta secca, banchi di frutta multicolore e banchi di spezie talmente profumate e forti da togliere quasi il respiro.
E sempre sui marciapiedi bancarelle, ma più spesso un fornello con sopra una pentola piena d'olio o una padella, dove mani che ripetono ad una velocità strabiliante i soliti gesti  preparano quello che è lo street food indiano. Ma non come lo intendiamo noi, cioè cibo da prendere e portare via mangiandolo, bensì vere e proprie pietanze elaborate servite in piatti da mangiare sul posto.
Ecco, quell'insieme di odori che ti accoglie al tuo arrivo è fatto di questi profumi di pietanze cucinate per la strada, di fiori, di spezie, una miscela che una volta respirata ti rimane nel cuore.
Se poi hai la fortuna di giungere in India per l'Holi festival, la festa dei colori indù che cade tra febbraio e marzo con cui si celebra la primavera e la vittoria del bene sul male, come è successo a me,  ti ritrovi per la strada coinvolto tra canti e balli e lanci di polvere o vernice colorata in un'atmosfera quasi irreale.
A New Delhi, capitale cosmopolita dell'India con più di 14 milioni di abitanti, il traffico è congestionato.
Oltre alla consuetudine della guida a sinistra che inizialmente ti lascia col fiato sospeso ogni volta che incroci un altro veicolo, come ti immetti nel traffico ti sembra di essere inghiottito dalla
corrente di un fiume fatto di biciclette, risciò a pedali, auto, camion e vecchi pullman che ti trascina via. 
La disciplina stradale spesso è un optional e ti ritrovi contromano con pedoni e mezzi che ti sfrecciano paurosamente ad un palmo di distanza.
Ricordo che la cosa che più mi stupì allora fu vedere che la maggior parte delle automobili circolanti erano Fiat 1100 che da noi erano fuori produzione da tempo, ma non erano vecchie, mi spiegarono che la Fiat aveva ceduto la catena di produzione in India dove continuavano ad essere fabbricate. Ora anche lì sono andate definitivamente in pensione ed il parco auto è decisamente più moderno.
Una cosa che invece oggi come allora caratterizza la circolazione è la presenza dei tuk-tuk, mezzi a 3 ruote coloratissimi adibiti al trasporto pubblico, praticamente i taxi indiani.


Tuk-tuk indiano (foto da wikipedia di Muhammad Mahdi Karim)
Oltre la bellezza dei templi, delle moschee, che arricchiscono New Delhi come tutto il resto dell'India, quello che rapisce è l'umanità. A cominciare dai bambini con quei grandi occhi neri che ti si avvicinano sperando in un regalo particolare (allora ricordo che portammo una marea di penne biro, caramelle e gomme da masticare proprio per donarle ai bambini) e nelle città tirandoti per il vestito ti dicono:
- Backsheesh, backsheesh, one rupie please!! - chiedendo l'elemosina.

Donne stupende nei loro coloratissimi abiti, umili eppure di un'eleganza regale, che si trascinano enormi fagotti con i panni da lavare lungo i fiumi, uomini che nei templi cercano di farti fare una foto con il pitone che tengono intorno al collo in cambio di qualche soldo.

Quello che sconvolge è lo stridente contrasto tra la parte più ricca e moderna delle grandi città e l'enorme miseria in cui vivono ancora moltissime persone.
Lontano dalle città si intuisce invece una vita semplice ma decorosa, fatta di duro lavoro ma con il quale possono garantirsi almeno il minimo per la sopravvivenza.


La religiosità caratterizza profondamente la vita degli indiani, a qualunque religione essi appartengano, e colpisce l'intensità con cui essa fa parte del loro quotidiano. Se esiste un momento particolare in cui rivolgono le loro preghiere al proprio dio, è anche vero che tutti i loro gesti sono pieni di spiritualità, come anche nelle arti più antiche quali la danza o le arti marziali.

Ogni religione ha il suo tempio, dal può sontuoso al più semplice, e
se ne possono vedere di tutte le epoche e di tutte le dimensioni.

Se con lo sviluppo degli ultimi anni anche in India la tecnologia ha aperto nuovi confini, l'artigianato è ancora fondamentale e non ti stupire se anziché vedere attaccare degli enormi manifesti sui cartelloni pubblicitari, come accade da noi, vedi un uomo che sapientemente li dipinge a mano.

L'India è il paese dai mille contrasti, dove passato e presente riescono a convivere rendendolo veramente unico.

Il mio viaggio di quasi due settimane ci fece toccare varie città, ma la vastità dell'India è tale che abbiamo potuto appena avere uno scorcio di quello che questo paese è.
Le varie tappe furono:
New Delhi, Chennai (Madras), Mahabalipuram e Kanchipuram, Thiruvananthapuram (Trivandrum), Mumbay (Bombay), l'isola di Elephanta.

Per il gusto di mostrarvi immagini datate di quel viaggio ho spolverato proiettore e schermo ed ho creato un video con le immagini delle diapositive più interessanti. Sono diapositive molto chiare, dovute al fatto che il fotografo dove acquistai il rullino non mi disse che per un paese molto caldo fosse necessaria una minore sensibilità, tanto che parecchie vennero quasi bianche per l'eccesso di luce.
E' stato comunque piacevole rivedere immagini da tempo dimenticate e ricordare le emozioni vissute in quel viaggio.






New Delhi

Tempio indù Birla Mandir (foto wikipedia di  Ashishbhatnagar72)

Tomba di Humanyu (foto da wikipedia di Deepak)
Il tempio di Akshardham, il più grande complesso indù al mondo (foto da wikipedia di  Indianhilbilly)
                        
The Red Fort (foto da wikipedia di Alex Furr)
La Jama Masjid, la più grande moschea indiana (foto da wikipedia di Steve Evans)


Chennay (Madras)
 Tempio di Kapaleeshwarar a Mylapore (foto wikipedia di Ranveig)

Kanchipuram



Sculture del Tempio di Kaikasanathar (foto da wikipedia di Ssriram mt)

Tempio di Kailasanathar (foto da wikipedia di Keshav Mukund Kandhadai)

Interno del Tempio Ekambaranathar (foto da wikipedia di Tshrinivasan)

Per le immagini delle altre città che ho visitato proseguirò con il prossimo post, ora passiamo alla cucina indiana.

La ricetta con cui ho voluto aprire questo viaggio virtuale nella cucina indiana è quella di un pane azimo, quindi non lievitato, la cui preparazione mi aveva affascinato.
Come spiega molto bene nel suo blog Chamki, fare il chapati o roti (a seconda della zona dell'India) è semplice ma NON FACILE, specialmente quello fatto gonfiare direttamente sulla fiamma che si chiama phulka.
Se anziché passare nella farina le palline di pasta prima di spianarle con il mattarello le passiamo nell'olio e le friggiamo, avremo il poori o puri, piccoli chapati fritti.
Per la cottura del chapati in India usano la tawa, una sorta di padella concava di ferro che io chiaramente non ho, ho usato per cuocerli un testo moderno con cui si cucina la torta al testo umbra, non è proprio la stessa cosa ma penso che sia un valido sostituto.



Ingredienti per il chapati o roti:
  • farina integrale di grano macinata molto fine senza pezzetti di crusca visibile
  • acqua tiepida pari a circa il 50 - 60% del peso della farina
  • ghee o olio di oliva (1 cucchiaio)
  • sale q.b.




Setacciare la farina con il sale ed aggiungere l'olio d'oliva. 
Con le mani intridere  la farina con l'olio.
Dopo aver aggiunto l'acqua tiepida continuare a lavorare fino ad avere un impasto liscio e morbido. 
Coprire l'impasto con un altro contenitore e lasciar riposare a temperatura ambiente. Più riposa migliore sarà la riuscita del chapati. 
Dividere l'impasto in palline che una per volta lavoriamo con la mano per renderla liscia. 

Passiamo una pallina d'impasto nella farina. 
L'allarghiamo con il mattarello (io non tirerei il chapati troppo sottile). 
Mettiamo il chapati sulla padella calda ma non rovente. 
Premiamo con i polpastrelli il chapati mentre è ancora morbido.






Quando iniziano a formarsi le bolle lo voltiamo. 
Passiamo ora sulla fiamma bassissima, meglio ancora se ci aiutiamo con una griglia, e aspettiamo che il chapati gonfi. 

Non è un bel palloncino come quelli cotti dalle esperte donne indiane ma si è gonfiato, quindi E' RIUSCITO !!!!  ^-^



Riponiamo il nostro chapati ungendolo appena con dell'olio d'oliva o del ghee in un cestino coperto con un tovagliolo, fino a che non li abbiamo cotti tutti, ma il massimo è mangiarlo caldo caldo.




Questa ricetta per l'Abbecedario culinario mondiale si unisce alle altre dell'India che Cinzia raccoglie nel suo blog "Cindystarblog.blogspot.it".

sabato 25 ottobre 2014

Primo raduno dell'Abbecedario culinario - Bologna 18 ottobre 2014



Foto di Armonia Paleo
Era gennaio 2013 quando ho conosciuto, grazie al blog di  Tamara "Un pezzo della mia maremma", l'iniziativa di Eloisa (Aiù) della "Trattoria MuVarA" di girare con l'Abbecedario culinario l'Europa alla ricerca dei piatti tipici di ogni nazione visitata.
Prima aveva lanciato altre due iniziative, l'Abbecedario dalla A alla Z e  l'Abbecedario della cucina italiana che io, ahimé, non avevo ancora scoperto.
Faccio quindi parte del gruppo di viaggiatori solo dal gennaio 2013, ma quando abbiamo concluso la nostra avventura in Europa a luglio scorso abbiamo lanciato  ad Eloisa l'idea di continuare il viaggio e magari anche di conoscerci di persona.
Detto fatto Eloisa ci ha organizzato il primo raduno dell'Abbecedario in corrispondenza dell'inizio della nuova avventura gastronomica in giro per il mondo.
E sabato scorso 18 ottobre ci siamo finalmente incontrati a Bologna, città eletta a maggioranza per comodità.

La giornata tanto attesa è iniziata incontrando "Un pezzo della mia maremma" e partendo insieme da Roma.
E' stato bello riconoscerla mentre scendeva le scale ed abbracciarci come se si rivedesse una vecchia amica.
Durante il viaggio in treno, con posti distanti, non  abbiamo potuto iniziare le nostre chiacchiere, ma appena arrivate a Bologna abbiamo recuperato.
Scambiandoci idee sul mondo dei food bloggers e cercando di ricordare come ci fossimo conosciute (mistero non ancora svelato) ci siamo avviate dalla stazione verso Piazza Maggiore dov'era l'incontro.
Quando siamo quasi giunte sulla piazza la domanda che ci è venuta spontanea è stata:
- Davanti a quale lato della fontana del Nettuno si saranno raggruppati, lato A o lato B della statua??- come aveva domandato "Gata da plar"!!
Ridendo ci siamo avvicinate ed abbiamo visto un gruppetto di persone che si abbracciavano sotto un fianco della statua, tanto per contentare tutti!!
Erano loro, abbracci e  sorrisi - Tu sei................io sono..............- e così fino a che non siamo arrivati tutti.
L'emozione di dare un volto, una voce, uno sguardo a quelle persone che da tempo si scambiavano ricette era tanta.
Forse per qualcuno c'era anche un pò d'imbarazzo, ma la simpatia travolgente degli altri ha fatto svanire la timidezza.

Indisciplinati come un branco di scolaretti è stata un'impresa farci alcune foto sotto il lato B del Nettuno, mentre i passanti incuriositi ci guardavano (forse per il cappello da cuoco o il  naso rosso da clown che alcuni di noi avevano messo?).
Un pò alla spicciolata ci siamo mossi verso il ristorantino in via de' Giudei, nel vecchio ghetto ebraico, dando un rapido sguardo alle bellezze della città.


Foto di Gata da plar
Foto di Gata da plar


Foto di Gata da plar


Antichi portici in Piazza della Mercanzia (foto wikimedia di mammamia)


I regali che alcune di loro ci avevano confezionato disposti come segnaposto, le torte stupende preparate da "Torte e dintorni" e da

"Un pezzo della mia maremma", un'atmosfera allegra e piena di calore, quello stesso calore che già si intuiva dalle pagine dei nostri blog, dai commenti alle ricette che ognuno postava.









Foto di Trattoria MuVarA
Sulla strada del ritorno da brave appassionate del cibo una capatina in un noto negozio di casalinghi dove parecchie di noi si sono lanciate alla ricerca della "caccavella mancante", ma poteva essere altrimenti??  ^-^


Foto di Trattoria MuVarA
Tutto come immaginavo, ognuno di noi con le proprie problematiche, le proprie incertezze o le proprie certezze, i sogni, i desideri, ognuno diverso ma complementare agli altri, proprio come le lettere dell'alfabeto che insieme riescono a formare tutte le parole.

Un unico rammarico, che il poco tempo a disposizione sia volato troppo in fretta. 
Avrei voluto parlare di più con tutti, ma ci siamo lasciati con la promessa di organizzare il prossimo raduno in un luogo dove poter cucinare tutti insieme perché condividere le ricette attraverso i blog è bellissimo, ma vuoi mettere stare insieme davanti ai fornelli? Tutta un'altra cosa.

E' stata una giornata speciale come speciali sono le persone che ho conosciuto, a presto cari nuovi amici !

E non poteva mancare la ricetta delle crescentine realizzate con la tigelliera acquistata a Bologna, ricetta volutamente diversa da quella di Tamara di "Un pezzo della mia maremma" per trovare la "ricetta perfetta".




Ingredienti:

  • 500 gr di farina 00
  • 1 bustina di lievito di birra disidratato
  • un pizzico di zucchero
  • 50 gr di burro morbido
  • 200 ml di latte tiepido
  • 100 ml di acqua tiepida
  • 1 cucchiaino di sale
Far sciogliere il lievito nell'acqua tiepida con lo zucchero.
In una ciotola versare la farina, fare un incavo nel centro e versarvi il latte tiepido, il lievito sciolto nell'acqua con lo zucchero, mentre il sale viene sparso sulla farina. 
Dopo aver amalgamato gli ingredienti versare il composto nella planetaria e far lavorare con il gancio l'impasto fino a che non risulta ben liscio ed omogeneo.
Lasciar lievitare in un recipiente chiuso con la pellicola in luogo tiepido per circa due ore.



Riprendere l'impasto già lievitato, lavorarlo un pò a mano sul piano di lavoro, creare circa 21 palline e far lievitare coperte ancora mezz'ora.


Mettere la tigelliera a scaldare sul fuoco 3 minuti per parte, disporvi le palline di impasto e far cuocere a fiamma bassa 5 minuti da un lato e 2-3 minuti dall'altro.
Servirle calde con salumi o formaggi, o con il pesto modenese (lardo macinato con aglio e rosmarino).




Alla prossima!!

venerdì 24 ottobre 2014

Koko araisa - il cibo che sa di buono , di ricordi, di coccole, di casa dalle Samoa


Negli Stati Uniti negli anni '70 hanno coniato il termine "comfort food", che nella nostra lingua potrebbe essere definito il cibo che ci ricorda l'infanzia, il calore di casa, le coccole della mamma, che ci fa stare bene.
Questa ricetta di Samoa sembra sia proprio questo.
Nei vari blogs samoani tutti parlano del "koko araisa" come di un piatto che ricorda la casa, la famiglia, i pomeriggi con i cuginetti al rientro da scuola.

E' un piatto che inaspettatamente mi ha fatto tornare alla mente l'abitudine che aveva mia madre, nelle giornate più fredde, di farsi una minestra di riso cotto nel latte con lo zucchero.
Ricordo che guardavo quella minestra dolce con sospetto senza volerla assaggiare e lei mi diceva che gliela preparava spesso la mamma quando lei ed i suoi fratelli erano piccoli.
Strano come a tanti chilometri di distanza un cibo simile possa avere la stessa carica di ricordi e di sentimenti.

Si tratta di una zuppa di riso cotto in acqua e a cui viene aggiunto del latte di cocco, lo zucchero, il famoso Koko samoa di cui vi ho già parlato qui ed una foglia di arancio chiamata laumoli.

Non viene specificato il tipo di riso utilizzato, sembra vada bene qualunque tipo, al posto del latte di cocco può essere utilizzato del comune latte di mucca o quello che preferite, potete sostituire il koko samoa con del buon cacao in polvere amaro, mentre la foglia di arancio può essere sostituita con della scorza d'arancia o dell'essenza di arancia (visto che serve solo per dare profumo alla preparazione).

Vi riporto di seguito gli ingredienti, tenendo conto che una tazza (cup) corrisponde alla capacità di 250 ml.




Ingredienti per il koko araisa (proporzioni da reggimento):

  • 3 cups di riso
  • 6 cups di acqua
  • 2 cups di latte di cocco (o latte evaporato o comune latte)
  • 1 cup di zucchero semolato
  • 1 cup di cacao amaro in polvere o Koko samoa
  • 1 foglia di arancio (laumoli)
In una pentola capiente versare l'acqua ed il riso.
Mettere sul fuoco insieme alla foglia di arancio che toglieremo alla fine.



A metà cottura aggiungiamo il latte di cocco, lo zucchero ed il cacao sciolto con un pò d'acqua perché non formi grumi.



Portare a cottura il riso.



Potete mangiarlo caldo ma sembra che anche freddo sia buonissimo (dovrebbe diventare una specie di budino).

Tenete presente che con queste dosi ci fanno colazione o merenda una frotta di bambini, con 1/2 tazza di riso e tutti gli altri ingredienti in quantità proporzionate a me è venuta quella tazzona di koko araisa che basterebbe per 4 persone.

Sicuramente una colazione o una merenda ricca per un bambino, meglio di tante merendine confezionate, e poi non vi ricorda una di quelle tazze di latte e riso soffiato al cioccolato che ora sono tanto di moda? ^-^

Con questa ricetta chiudo la mia raccolta samoana per l'Abbecedario culinario mondiale che fa capo a Martissima di "Mangiare è un pò come viaggiare"!



Prepariamo i bagagli per la partenza, da lunedì prossimo saremo in India.