Quando ero piccola ricordo che in casa di mia madre non mancava mai una bottiglia di "vermouth", un vino liquoroso molto di moda. Nei cocktails ha continuato ad essere presente anche tra i giovani (nei famosissimi Negroni, Martini, Americano, Manhattan), ma in casa per "bagnare" le torte delle grandi occasioni o per offrirlo ad un'amica come aperitivo non se ne vede spesso.
Eppure questo vino aromatizzato fu industrializzato a Torino nel 1786 da Antonio Benedetto Carpano che chiamò "vermut" rifacendosi alla parola tedesca Wermut che indica l'artemisia maggiore, la principale erba che insieme a tante altre sono utilizzate per aromatizzare il vino e dar vita al vermouth. Già in Grecia e nell'antica Roma si consumava un vino aromatizzato con erbe, spezie e miele. In Germania già nel 1600 si consumava un vino chiamato Wermouth aromatizzato con erbe ed assenzio ma che non era commercializzato.
Per legge il vermouth deve avere una gradazione alcolica tra i 16 ed i 22 gradi in volume, deve contenere le artemisie che lo caratterizzano ed essere prodotto con almeno il 75% di vino bianco o rosso, dolcificato in percentuali diverse secondo il tipo di vermouth (dolce, secco, extra secco o chinato).
Dal 2017 il Vermouth di Torino è un IG (indicazione geografica).
Da quando è stato commercializzato ad oggi è entrato a fare parte di diverse preparazioni dolci regionali in tutta Italia, ma essendo vicini al Carnevale ho voluto preparare la ricetta campana di un dolce settecentesco rigorosamente fritto.
Si tratta dei "guanti caleni", delle frittelle tipiche di Calvi Risorta, un paese in provincia di Caserta sorto sulle rovine della Antica Cales.
Nel 1776 la Cappella Patrizia donata al popolo di Zuni (oggi frazione di Calvi Risorta) dal barone Luigi Zona e suo fratello Muzio fu riconosciuta ufficialmente Chiesa di San Nicola a Zuni dal Re Ferdinando di Borbone. In quell'occasione le donne del luogo cucinarono per i festeggiamenti ed una di loro, arrotolando una striscia di pasta intorno ad una mano prima di friggerla disse "m' par propriu nu uantu" ( mi sembra proprio un guanto). Da allora queste frittelle continuarono ad essere preparate per celebrazioni, matrimoni e battesimi dalle "guantare" del paese che si tramandavano la ricetta di generazione in generazione.
Questi dolci non li troverete in commercio, quindi o passerete da quelle parti in occasione di sagre paesane o del Carnevale per assaggiarli preparati dalle "guantare", oppure dovrete tentare di realizzarli da soli.
Dimenticavo di dirvi che le strisce di pasta sono tagliate con una rotella dentata particolare, il "guantaruolo" che producono esclusivamente artigiani locali. Potrete utilizzare una qualsiasi rotella dentata in vostro possesso o come ho fatto io praticare delle piccole incisioni con un tagliapasta liscio.
Io ho seguito la ricetta del cuoco Mauro Impronta che ha utilizzato il bicarbonato come si usava una volta, ma in rete ho trovato altre ricette che invece utilizzano il lievito per dolci.
Ingredienti: (per 9 guanti)
- 250 gr di farina 00
- 40 gr di zucchero semolato
- 2 uova
- 20 ml di latte
- 10 ml di vermouth
- 10 ml di olio di semi di girasole
- la scorza grattugiata di un limone non trattato
- 3 gr di bicarbonato di sodio
- aroma di vaniglia
- Sale q.b.
- zucchero semolato
- zucchero a velo